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BREVE GUIDA AGLI EXTRAPROFITTI

L’articolo 15 bis (DL 4/2022) sugli extra-profitti rinnovabili, una misura legislativa per fronteggiare l’emergenza energetica tra le più controverse, si snoda lungo 2 CANALI TEMPORALI DISTNTI:

  • Febbraio-Dicembre 2022
  • Gennaio-Giugno 2023

 

Febbraio-Dicembre 2022

Nel gennaio 2022, l’art.15bis del DL 04/2022 applica ai proventi degli impianti rinnovabili un meccanismo di compensazione a due vie rispetto ad un valore di riferimento del prezzo dell’energia fissato per ogni zona di mercato (che varia da 56 a 75 €/MWh).

A giugno 2022, ARERA dà attuazione al decreto con la Delibera 266/2022, cui seguono le Regole tecniche del GSE, che chiede a tutti i produttori coinvolti (in ritiro dedicato e libero mercato) di fornire i dati per il calcolo degli extraprofitti entro agosto.

Con le informazioni ricevute, ad ottobre il GSE invia a tutti i produttori fatture di grosso calibro con cui chiede la restituzione in un’unica soluzione dei profitti sopra soglia per il periodo febbraio-luglio 2022.

Molti produttori, anche per il tramite delle associazioni di categoria, presentano al TAR della Lombardia dei ricorsi introduttivi contro la delibera 266.

Nella confusione generale, alcuni produttori pagano le fattura GSE degli extraprofitti e altri no.

Sempre ad ottobre 2022, anche l’Unione Europea interviene a protezione di cittadini e imprese con il regolamento n.1854, che fissa un tetto di 180 €/MWh al prezzo di vendita dell’energia per il periodo dicembre 2022-giugno 2023. Il consiglio europeo prevede la possibilità per i singoli stati di applicare misure più restrittive, purché non discriminatorie e proporzionate, che permettano cioè di rientrare dei costi di investimento ed esercizio.

I termini del regolamento europeo innescano una serie di ricorsi per motivi aggiuntivi al TAR Lombardia, che affiancano quelli introduttivi già presentati, fondati proprio sul contrasto tra l’art.15bis e la ratio del regolamento europeo.

Ad inizio dicembre 2022, il TAR accoglie i ricorsi introduttivi dei produttori annullando la delibera 266, senza però discutere i ricorsi per motivi aggiuntivi, basati sull’incompatibilità con le disposizioni europee.

A fine gennaio 2023, nell’appello presentato da ARERA vs la sentenza del TAR, il Consiglio di Stato, per motivi cautelari vista l’emergenza, accoglie il ricorso e sospende la sentenza del TAR in attesa delle relative motivazioni, ridando vita alla debenza del prelievo sugli extraprofitti.

A febbraio 2023, il TAR pubblica le motivazioni con cui giustifica l’annullamento della delibera ARERA 266, perché colpisce i ricavi e non gli utili inframarginali.

A fine marzo 2023, il Consiglio di Stato, sempre per ragioni cautelari (la tutela dei consumatori finali prevale su quella dei produttori), sospende la sentenza del TAR e ribadisce l’efficacia del meccanismo di compensazione a due vie. Il Consiglio, però, ritiene impregiudicata la compatibilità con il diritto europeo, fissando un’udienza il 5 dicembre 2023 proprio per discuterne del merito.

Gennaio-Giugno 2023

Questo secondo canale temporale si intreccia con l’iter regolatorio del precedente.

Ad agosto 2022, il DL 155/2022 stabilisce la proroga dell’art.15bis fino al 30 giugno 2023, applicandolo quindi a tutto il primo semestre 2023.

Nonostante ad ottobre 2022 il Consiglio europeo abbia deliberato sulla questione fissando il tetto di € 180, l’Italia lo recepisce a fine dicembre 2022 (Legge di bilancio n.197, commi 30-38) per tutti i produttori tranne quelli coinvolti dall’art.15-bis.

I botta e risposta tra TAR Lombardia e Consiglio di Stato fanno sì che il GSE applichi il meccanismo a singhiozzo: prezzo zonale a gennaio e febbraio 2023, prezzo di riferimento da marzo in poi.

Pochi giorni dopo l’ultima pronuncia con cui il Consiglio di Stato revitalizza il contestato meccanismo, ARERA, senza la consueta consultazione preventiva, pubblica la delibera 143/2023, con cui applica l’art.15bis ai medesimi soggetti anche nel primo semestre 2023, e i commi 30-38 della Legge di bilancio (tetto di € 180) a tutti gli altri (dicembre 2022-giugno 2023).

Immediatamente il GSE torna ad applicare il meccanismo, informando contestualmente i produttori che, come successo nel 2022, dovranno fornire i dati per il calcolo degli extra-profitti del primo semestre. Probabilmente il GSE impiegherà almeno un paio di mesi dopo la fine del semestre per effettuare il prelievo.

Nelle comunicazioni GSE, dello stesso tenore di quelle inviate nel 2022, viene menzionato il diritto di compensare eventuali extraprofitti non pagati con i proventi spettanti (incentivo), compensazione che al momento, per il periodo 2022, il GSE non ha mai applicato.

Considerando che il meccanismo italiano è rimasto invariato anche dopo le diverse disposizioni europee, che il TAR ha disposto l’annullamento della delibera ARERA 266 e che lo stesso Consiglio di Stato ha ritenuto necessario fissare un’apposita udienza sul merito del provvedimento (05/12/2023), si prevede una pioggia di nuovi ricorsi al TAR: vs la delibera 266 ricorsi per motivi aggiunti, che si affiancano a quelli già presentati; vs la delibera 143 ricorsi introduttivi.

Italia Solare, associazione di categoria, che ha supportato i propri associati nelle prime iniziative giudiziarie, si sta adoperando anche per i nuovi ricorsi al TAR della Lombardia, fornendo assistenza ai propri membri anche nelle comunicazioni con il GSE, calibrate in funzione della situazione (RID, libero mercato, fattura GSE 2022 pagata o meno…).

A Breve

E’ proprio grazie alle sonore obiezioni di incostituzionalità e non conformità con gli standard europei sollevate dagli operatori, che il Consiglio di Stato non ha potuto fare a meno di fissare un’udienza il prossimo 5 dicembre per discutere del merito del provvedimento, il cui esito si saprà tra febbraio e marzo 2024.

In previsione di ciò, i legali dei produttori ricorrenti si stanno adoperando per fissare un’udienza presso il TAR Lombardia ad inizio estate 2023, per discutere i ricorsi per motivi aggiuntivi (vs 266) e introduttivi (vs 143), quindi sul merito dell’art.15bis, facendo perno proprio sul vizio di incompatibilità con la normativa europea. La speranza è quella di ottenere una sentenza del tribunale regionale prima dell’udienza del Consiglio di Stato del 5 dicembre prossimo e quindi di accelerare il processo.

Lo stesso Consiglio di Stato ha ventilato l’ipotesi di un ricorso alla corte di giustizia europea per verificare la conformità comunitaria del provvedimento italiano. Ovviamente quest’ultimo passaggio presuppone l’allungamento dei tempi per una soluzione definitiva.

Un’altra questione controversa, che non viene trattata in questa sede, è il contributo straordinario solidaristico sancito ai commi 115-118 dell’art.1 della L. 197/2022. I ricorsi contro questo dispositivo sono stati rifiutati dal TAR Lombardia perché tributari, quindi ritenuti non di competenza del giudice amministrativo. Ma il Consiglio di Stato ha recentemente confermato che il giudice amministrativo può deliberare su queste questioni: a breve, pertanto, si aprirà un terzo canale di azioni legali in questa direzione.

Criticità

Le reazioni concitate degli operatori e le decisioni contraddittorie delle autorità interpellate si giustificano con le criticità non trascurabili del meccanismo di compensazione a 2 vie.

  • Nell’eccezionale situazione di crisi (pandemia e guerra sul suolo europeo), scegliere un tetto basato sulla media dei prezzi dell’energia degli ultimi 10 anni, decidendo di ignorare completamente il mercato del momento, ma di includere i minimi registrati durante la pandemia, è una misura draconiana, viziata dalla non proporzionalità.
  • Proprio considerando l’andamento dei prezzi 2022-23, più che un meccanismo di compensazione a 2 vie, si tratta di un prelievo tout-court. Un meccanismo è a 2 vie quando entrambe sono possibili, quindi quando entrambe le parti possono dover pagare a seconda della fluttuazione dei prezzi rispetto ad un valore di riferimento ragionevole. Ma la soglia fissata è talmente lontana dall’andamento del mercato – e quello dell’energia è un mercato europeo – che sono sempre e solo i produttori a pagare il GSE.
  • Nonostante le autorità europee avessero informato gli stati membri dell’imminente pubblicazione di un regolamento proprio in materia di extraprofitti, l’Italia ha deciso di non aspettare e esprimersi per proprio conto. Anche quando, poi, l’Europa ha deliberato un tetto di 180€/MWh (soglia digerita dal mercato come ragionevole, tanto che non è mai stata superata, se non nel primo mese, dicembre 2022), l’Italia ha recepito il regolamento europeo solo per gli impianti NON coinvolti nell’art.15bis. Di fatto solo per gli impianti fotovoltaici incentivati in conto energia e per gli impianti rinnovabili non incentivati connessi prima del 2010, non ha fatto alcun aggiustamento confermando un valore di riferimento di 3 volte inferiore a quello europeo e a quello che si applica a tutti gli altri impianti.
  • Nella procedura per calcolare la quantità di energia immessa soggetta al meccanismo di restituzione, la delibera 143 indica specificatamente che perdite di rete e costi di sbilanciamento non devono essere scontati, benché si tratti di costi di esercizio. Questo è in chiaro contrasto con il regolamento europeo che accetta misure nazionali più restrittive laddove assicurino, tra le altre cose, la copertura di investimenti e costi di esercizio.
  • Sempre nella delibera ARERA, nel caso di impianti con contratti di fornitura che rientrano nell’art.15bis, il calcolo degli extraprofitti da restituire è il prodotto della quantità di energia elettrica immessa dall’impianto e il prezzo medio di cessione. Si tratta di una modalità distorsiva e pertanto discriminatoria, perché non tiene conto dell’andamento peculiare del prezzo delle fonti rinnovabili non programmabili, la cui volatilità per ogni ora del giorno non può essere appiattita in un prezzo medio, soprattutto laddove l’energia è comunque rilevata su base oraria.
  • Considerando il tortuoso iter legislativo innescato dai soli ricorsi introduttivi vs la delibera 266 (precedenti al regolamento europeo), gli unici discussi finora, si può ipotizzare che i ricorsi per motivi aggiuntivi (sempre vs la delibera 266) e i nuovi ricorsi introduttivi (vs la delibera 143) avranno conseguenze ancora più rilevanti, soprattutto considerando il contrasto con il regolamento europeo.
  • Il contributo solidaristico ed i relativi ricorsi aggiungono prospettiva. Il punto più critico è che il contributo di solidarietà sancito dal regolamento europeo n.1854 è rivolto ai produttori d’energia da fonti fossili. Al contrario l’Italia ha allargato il contributo solidaristico anche alle rinnovabili, innescando una situazione paradossale in cui i produttori di energia rinnovabile, una volta decurtati pesantemente i ricavi ai sensi dell’art.15bis, vedono pesantemente decurtati anche gli utili (del 50% di quanto eccede la media degli ultimi 4 anni aumentata del 10%) ai sensi dei commi 115-118 della legge di bilancio 197/2022.

Considerando che le energie rinnovabili sono una priorità dell’Unione Europea e che l’Italia è ancora indietro rispetto agli obiettivi stabiliti, stupisce una certa “schizofrenia” legislativa: da un lato si legifera febbrilmente per semplificare i processi autorizzativi degli impianti rinnovabili e favorirne la diffusione, dall’altro si punta sempre alle rinnovabili per fare cassa, mostrando una certa levità nei confronti delle fonti fossili. Sicuramente le fonti rinnovabili hanno costi di approvvigionamento risibili rispetto alle fonti fossili, ma hanno comunque costi di esercizio, ancorché contenuti. Qualunque intervento in materia deve tener conto degli effettivi numeri in gioco, deve cioè essere proporzionale, tenendo ben a mente gli obiettivi di decarbonizzazione rispetto ai quali l’Italia è molto indietro.

A nostro avviso è questa la ratio della sentenza 2677/2022 del TAR della Lombardia come da motivazioni pubblicate: l’art.15bis non è incostituzionale di per sé laddove ARERA ne regoli l’applicazione nelle modalità corrette. Per le stesse ragioni anche la delibera 143 ha un futuro incerto.

La grande paura degli operatori è che alla vicenda extraprofitti accada qualcosa di analogo a quanto accaduto alla Robin Tax del 2008. In quell’occasione, nonostante la corte costituzionale avesse bocciato il provvedimento, la restituzione ai contribuenti di quanto ingiustamente versato non è avvenuta perché avrebbe “determinato uno squilibrio del bilancio dello Stato di entità tale da implicare la necessità di una manovra finanziaria aggiuntiva, anche per non venire meno al rispetto dei parametri cui l`Italia si è obbligata in sede di Unione europea e internazionale”. Rimane il rischio che le decisioni giudiziarie finali arrivino troppo tardi per comportare la restituzione di quanto trattenuto, proprio perché l’art.15bis è una misura temporanea e straordinaria, che si è esaurita per il periodo febbraio-dicembre 2022 e che sta per esaurirsi per il periodo gennaio-giugno 2023.

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